Mirna Manni: l’argilla come simulacro dell’anima

(articolo pubblicato su Italia Sera del 13.02.09)

Un luogo d’incanto, fatto di materia, spirito e natura: è quello che si percepisce quando ci si trova all’interno del laboratorio artistico della pittrice e scultrice tuscanese Mirna Manni. L’artista nasce a Tuscania nel 1958 e si dedica negli anni Novanta alla pittura figurativa. Dopo un periodo di esposizioni personali e collettive tra la stessa Tuscania e Tarquinia, scopre la propria e vera autentica vocazione: l’argilla. La passione per la tecnica raku di origine giapponese, la raffinata artigianalità e la naturale manualità sono presto indice di una particolare genialità creativa che la porta ad esporre in varie mostre collettive e personali in varie città italiane (Orvieto, Ronco Biellese, Roma, Varese, Calcata, Soriano, Bracciano). Di particolare importanza la personale “Nature” del 2007 a Tuscania, la collettiva “Uovo d’artista” a Calcata,  e le collettive romane “Nidi d’artista” all’Auditorium Fiera dei Fiori ed “Humanitas et Concordia” al Celio. Le opere scultoree di Mirna Manni si rivelano quale emblematica simbiosi naturalistica con la Terra sorgente di vita e metafora archetipica della nascita e del divenire. Ma non è solo e semplicemente questo; l’oggetto creato  individua semanticamente un’esistenza in bilico tra la spinta pulsionale vitale e quella di morte, tra il “fuoriuscire” come redenzione della coscienza, ed il soffocare intimamente nella propria interiorità. Non a caso, una splendida scultura intitolata “Elevazione” è frammentata, divisa binariamente tra la Terra e il Cielo, eppure al tempo stesso congiunta verticalmente da nidi aperti, chiusi, semiaperti, vuoti ed infine elevati. Le opere della Manni sono gusci, chiusure, nidi, rifugi a volte protettivi, a volte fagocitanti: ma è l’apertura fragile e poderosa, innocente ed introversa che coinvolge, pervade e stimola la sensibilità dell’occhio umano. L’uovo simboleggia in senso lato la genesi umana, il nido, invece, diventa l’immagine di un rito di fecondazione ancestrale in una densa partitura artigianale-artistica della memoria cosmica femminile: “L’uccello sospira per desiderio d’aria, / il pensiero per non so qual luogo. / Per il grembo il seme sospira. /Ora scende un medesimo riposo / sulla mente, sul nido / sulle cosce sforzate” declamava il grande poeta Yeats. L’artista ama la propria femminilità, inconsciamente la esalta ed addolcisce il tratto erotico destinando la fertilità ed il desiderio alla circolarità infinita dell’universo. Di qui le splendide “Inflorescenze”, vagine in ceramica, sospese ed aperte. Oppure i “Nidi”, rifugi-totem (in raku nudo) in cui Protezione e Sacralità si mescolano armoniosamente, richiamo al senso d’appartenenza metafisica dell’essere umano sciolto dalle regole soffocanti della società. Mirna Manni si inserisce nel poderoso circuito del “sublime” nel momento in cui ogni sua creazione diventa il punto di partenza per un viaggio filosofico ed emotivo in cui la limitatezza umana trova la propria dimensione spirituale nella scoperta dell’infinitamente piccolo e dell’infinitamente grande. Il lavoro materico sull’argilla e l’uso dei colori bianco, nero ed oro nella scultura “Trittico” diventano la testimonianza certa di una ricerca assidua della trasmutazione alchemica degli elementi. L’argilla è terra, la terra è natura, la natura si fa materia ed infine la materia ritorna ad essere natura come simulacro dell’anima nelle mani dell’artista.

Vincenza Fava

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